Introduzione: la sfida del sovraccarico idraulico negli immobili storici
Gli edifici storici italiani, costruiti prima dell’adozione di moderne reti idrauliche e normative di gestione delle acque, presentano vulnerabilità uniche al sovraccarico idraulico. La dinamica dei flussi, la stratificazione dei materiali tradizionali (pietra, laterizio, legno) e la presenza di condutture interrate creano un sistema complesso, spesso non progettato per le esigenze idrauliche odierne. La mancata valutazione accurata del rischio può provocare condensa, infiltrazioni profonde, degrado strutturale e costi di ripristino elevati. Il Tier 2 approfondisce metodologie precise per diagnosticare, modellare e intervenire, ma la sua applicazione richiede sequenze operative dettagliate, strumenti tecnici avanzati e un approccio multidisciplinare. Questo articolo fornisce una guida esperta, passo dopo passo, per affrontare il rischio idraulico con metodi rigorosi, replicabili e conformi al D.M. 14/2008 e al Testo Unico Ambiente.
1. Fondamenti tecnici: comprendere il rischio idraulico negli edifici storici
tier2_fondamenti
a) Caratterizzazione del rischio idraulico: oltre la semplice permeabilità
La valutazione inizia con l’analisi stratigrafica e documentale dettagliata: non si tratta solo di misurare la permeabilità dei materiali, ma di ricostruire l’evoluzione impiantistica. La pietra locale, spesso porosa e stratificata, presenta coefficienti di permeabilità variabili da 1,5×10⁻⁹ a 8×10⁻⁹ m/s, superiori a quelli del calcestruzzo moderno. Le murature in laterizio, tipiche nelle strutture pre-1950, mostrano una permeabilità anisotropa: maggiore assorbimento verticale che orizzontale, con conseguente accumulo capillare.
I punti critici sono: giunti murari (perdite fino a 5 L/h in condizioni estreme), pavimenti storici impermeabilizzati con legno o piastrelle in calcestruzzo antico (diffusività vapore < 0,02 g/m²·s·Pa), e reti di tubazioni interrate degradate con perdite intermittenti.
Il coefficiente di permeabilità efficace (k_eff) deve essere calcolato per ogni strato, integrando dati di laboratorio e misure in situ (es. test di infiltrazione con sonda a pressione costante).
b) Normativa e integrazione con sistemi moderni
Il D.M. 14 gennaio 2008 (norme tecniche per le costruzioni) stabilisce che gli interventi su edifici storici debbano rispettare il principio di reversibilità e compatibilità materiale. Il Testo Unico Ambiente (D.Lgs. 152/2006) impone la gestione integrata delle acque meteoriche, richiedendo che le opere di mitigazione non alterino i deflussi naturali né creino ristagni.
Il ciclo EPC esteso ai controlli idraulici prevede:
– **Fase E**: Diagnosi iniziale con termografia a infrarossi (risoluzione 0,05°C) per rilevare infiltrazioni nascoste;
– **Fase P**: Modellazione idraulica dinamica con CFD, calibrata con dati di sensori di pressione installati in condotti critici;
– **Fase C**: Valutazione FEM della deformazione strutturale indotta da infiltrazioni, con analisi di fissurazione e deformazioni plastiche critiche.
2. Metodologia avanzata: dal rilevamento alla modellazione dinamica
“Il sovraccarico idraulico negli edifici storici non è un fenomeno uniforme, ma un processo localizzato e progressivo che richiede tecniche di rilevamento e modellazione ad alta risoluzione spaziale e temporale. Solo un approccio integrato tra dati in situ, simulazioni 3D e analisi strutturali permette di prevenire danni irreversibili.”
Fase 1: Raccolta dati stratigrafici e documentazione storica
– Rassegna planimetrie originali e certificazioni energetiche (es. CertLivE) per ricostruire l’evoluzione impiantistica;
– Collaborazione con archivisti comunali per ricostruire la rete idraulica storica;
– Utilizzo di droni RTK per rilievo topografico millimetrico, integrato con GIS per sovrapporre reti datate a modelli 3D BIM (es. Revit) del patrimonio esistente;
– Analisi di documenti d’archivio per identificare modifiche strutturali e sostituzioni tubature (es. passaggio da terracotta a ghisa tra il 1920-1950).
Fase 2: Modellazione CFD e calibrazione dinamica
L’uso di software CFD come ANSYS Fluent o OpenFOAM consente di simulare flussi complessi durante precipitazioni intense (100–200 anni di ritorno).
– Reti di griglia adattative con nodi < 0,5 m in zone critiche (giunti, condutture interrate);
– Condizioni al contorno basate su dati reali: pressioni idrostatiche misurate da sonde installate in condotti;
– Calibrazione con dati di sensori IoT: variazioni di umidità relativa (HR) e pressione interstiziale (ΔP) registrati in pavimenti storici e murature;
– Analisi di scenari con precipitazioni di 150 mm/ora per 6 ore, simulando esondazioni locali.
La validazione richiede confronto con dati di campo: deviazioni < 5% indicano modello affidabile.
Fase 3: Valutazione FEM e monitoraggio strutturale
L’analisi FEM con software come ABAQUS o RADIA permette di mappare deformazioni indotte da infiltrazioni idriche, evidenziando zone a rischio di fissurazione.
– Mesh fine (elementi 50×50×50 mm) in punti di giunti murari e vicino condutture;
– Condizioni al contorno: pressione idrostatica crescente con intensità pioggia, carico capillare verticale;
– Monitoraggio termoigrometrico continuo (sensori DHT3L, capacitivi) in ambienti a rischio per 6 mesi post-intervento, con allarmi automatici per soglie critiche (es. umidità > 18% RH).
3. Fasi operative per la mitigazione: esecuzione tecnica e manutenzione
L’analisi FEM con software come ABAQUS o RADIA permette di mappare deformazioni indotte da infiltrazioni idriche, evidenziando zone a rischio di fissurazione.
– Mesh fine (elementi 50×50×50 mm) in punti di giunti murari e vicino condutture;
– Condizioni al contorno: pressione idrostatica crescente con intensità pioggia, carico capillare verticale;
– Monitoraggio termoigrometrico continuo (sensori DHT3L, capacitivi) in ambienti a rischio per 6 mesi post-intervento, con allarmi automatici per soglie critiche (es. umidità > 18% RH).
